Johann Sebastian Bach: differenze tra le versioni

Riga 222: Riga 222:
{{#ev:youtube|https://www.youtube.com/watch?v=AyZVasfZJtw||center|||rel=0&enablejsapi=1&origin=https://it.seminaverbi.bibleget.io}}
{{#ev:youtube|https://www.youtube.com/watch?v=AyZVasfZJtw||center|||rel=0&enablejsapi=1&origin=https://it.seminaverbi.bibleget.io}}


Il numero conclusivo dell'Ordinarium viene suddiviso da Bach in due sezioni rigorosamente separate: un'aria per contralto e una parte corale che intona l'ultimo versetto del testo liturgico. L'intensa esecuzione del contralto, nella tonalità di sol minore, procede senza fretta, appoggiandosi a lungo sulle parole-chiave del testo (Dei; tollis; peccata; mundi). Strumentalmente ci sono due elementi che sono in contrasto: gli “affetti” dolenti del basso continuo e le luminosi parti dei violini che procedono all'unisono.
Il numero conclusivo dell'Ordinarium viene suddiviso da Bach in due sezioni rigorosamente separate: un'aria per contralto e una parte corale che intona l'ultimo versetto del testo liturgico. L'intensa esecuzione del contralto, nella tonalità di sol minore, procede senza fretta, appoggiandosi a lungo sulle parole-chiave del testo (''Dei''; ''tollis''; ''peccata''; ''mundi''). Strumentalmente ci sono due elementi che sono in contrasto: gli “affetti” dolenti del basso continuo e le luminose parti dei violini che procedono all'unisono.


La Messa in si minore si chiude con una sorpresa, a suprema conferma di quel trionfo della parodia. Il '''Dona nobis pacem''' consiste infatti nella ripresa di un pezzo preesistente, già impiegato in una Messa del 1733. L'organico grande viene mobilitato, prevedibilmente, per concludere il capolavoro con un fugato mottettistico il cui protagonista è il coro, coadiuvato nella sfolgorante sezione conclusiva dal clamore delle trombe e timpani.
La Messa in si minore si chiude con una sorpresa, a suprema conferma di quel trionfo della parodia. Il '''Dona nobis pacem''' consiste infatti nella ripresa di un pezzo preesistente, già impiegato in una Messa del 1733. L'organico grande viene mobilitato, prevedibilmente, per concludere il capolavoro con un fugato mottettistico il cui protagonista è il coro, coadiuvato nella sfolgorante sezione conclusiva dal clamore delle trombe e timpani.