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Da Semi del Verbo, l'enciclopedia dell'influenza del Vangelo sulla cultura
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'''Semina Verbi''', o '''Semi del Verbo''', è un progetto culturale con lo scopo di esaminare in che modo il Vangelo in particolare, e la Parola di Dio in generale, abbiano influito sulle culture dell'umanità, o anche in che modo la cultura e la creatività umana possano contenere semi di verità che non sono estranee alla Verità della Parola di Dio.
'''Semina Verbi''', o '''Semi del Verbo''', è un progetto culturale che ha come scopo quello di esaminare il modo in cui il Vangelo in particolare, e la Parola di Dio in generale, abbiano influito sulle culture dell'umanità, o anche in che modo la cultura e la creatività umana possano contenere semi di verità che non sono estranee alla Verità della Parola di Dio.


== Origini dell'espressione ==
== Origini dell'espressione ==

Versione delle 03:08, 4 mag 2023

Platone (sinistra) e Aristotele, affresco di Raffaello 1509, Scuola di Atene
San Paolo pronuncia il Discorso dell'Areopago in Atene, affresco di Raffaello, 1515.
Discorso della Montagna, pittura ad olio su rame, di Carl Heinrich Bloch (1877)

Semina Verbi, o Semi del Verbo, è un progetto culturale che ha come scopo quello di esaminare il modo in cui il Vangelo in particolare, e la Parola di Dio in generale, abbiano influito sulle culture dell'umanità, o anche in che modo la cultura e la creatività umana possano contenere semi di verità che non sono estranee alla Verità della Parola di Dio.

Origini dell'espressione

I padri apologisti

L'espressione risale a San Giustino, filosofo e martire, e a San Clemente di Alessandria.

San Giustino (100-165 d.C.) afferma nella Apologia Seconda:

«1. Io allora, resomi conto che un velo di menzogna era disteso dai cattivi demoni sulle divine dottrine dei cristiani per traviare gli altri uomini, mi risi sia di chi diffondeva tali menzogne, sia di questo falso velo, sia dell'opinione dei più. 2. Io confesso di vantarmi e di combattere decisamente per essere trovato cristiano, non perché le dottrine di Platone siano diverse da quelle di Cristo, ma perché non sono del tutto simili, così come quelle degli altri, Stoici e poeti e scrittori. 3. Ciascuno infatti, percependo in parte ciò che è congenito al Logos divino sparso [nel greco τοῦ σπερματικοῦ θείου Λόγου, lett. il Verbo seminale (o "seminato") di Dio] nel tutto, formulò teorie corrette; essi però, contraddicendosi su argomenti di maggior importanza, dimostrano di aver posseduto una scienza non sicura ed una conoscenza non inconfutabile. 4. Dunque ciò che di buono è stato espresso da chiunque, appartiene a noi cristiani. Infatti noi adoriamo ed amiamo, dopo Dio, il Logos che è da Dio non generato ed ineffabile, poiché Egli per noi si è fatto uomo affinché, divenuto partecipe delle nostre infermità, le potesse anche guarire. 5. Tutti gli scrittori, attraverso il seme innato del Logos, poterono oscuramente vedere la realtà. Ma una cosa è un seme ed un'imitazione concessa per quanto è possibile, un'altra è la cosa in sé, di cui, per sua grazia, si hanno la partecipazione e l'imitazione.»

(San Giustino, filosofo e martire, Apologia Seconda, 13)

E San Clemente di Alessandria (150-215 d.C.) afferma nei suoi Stromata:

«Come gli agricoltori irrigano prima la terra, così anche noi irrighiamo con il fiume della conoscenza greca quel che in essa è terroso; affinché possa ricevere il seme spirituale che è stato gettato e lo possa nutrire. Gli Stromati conterranno la verità mescolata ai dogmi della filosofia, o piuttosto da essi coperta e nascosta, così come la parte commestibile della noce nel suo guscio. Nella mia opinione, è conveniente che i semi della verità siano conservati per i vignaioli della fede, e non altri. Non sono ignaro di quanto viene detto da certi che parlano a vanvera, i quali nella loro ignoranza sono spaventati da ogni rumore che sentono, e dicono che dovremmo occuparci di ciò che è più necessario e che contiene la fede; e che dovremmo passarci sopra a tutto ciò che è di più e superfluo, a tutto ciò che si logora e che ci trattiene in vano, a tutto ciò che non conduce al grande fine. Altri pensano addirittura che la filosofia è stata introdotta nel mondo dall'influenza malvagia di una persona maligna per la rovina degli uomini. Ma io vi mostrerò in tutti questi Stromati, che il male ha una natura malvagia, e non può produrre qualcosa di buono; da ciò si capisce che la filosofia è in un certo senso opera della Divina Provvidenza.»

(Clemente di Alessandria, Stromata, Libro I cap. 1 tradotto direttamente dall'inglese per mancanza di fonte migliore)

Mentre Eusebio di Caesarea (260-339 d.C.), nella sua Præparatio Evangelica, afferma che i Greci furono chiaramente influenzati nella loro filosofia dalle Scritture ebraiche. In questo anche lui afferma, sebbene da un altro punto di vista ancora, che tutto ciò che è di buono nella cultura umana è stata influenzata dalla Parola di Dio:

«Il Libro precedente, il decimo della Preparazione Evangelica, aveva lo scopo di dimostrare, non con affermazioni mie proprie, ma per via di testimonianze esterne, che come i Greci non hanno contribuito alla sapienza umana dalle proprie risorse, semmai hanno prestato la forza e l'elegenza del linguaggio, mentre la filosofia l'hanno avuta dai Barbari, così non era tanto improbabile che non fossero a conoscenza degli Oracoli Ebraici, ma piuttosto che hanno in parte rubato anche da essi; visto che non erano nemmeno innocenti del furto degli sforzi letterari dei loro connazionali... Inoltre nello stesso Libro abbiamo imparato, guardando bene alle date, che essi furono giovani in età e in sapienza, e che quindi non erano all'altezza della letteratura antica degli Ebrei. Tali erano i contenuti del Libro precedente: ma in questo libro ci affrettiamo a pagare una specie di debito, ossia la promessa che fu data di dimostrare l'accordo tra i filosofi Greci e gli Oracoli Ebraici almeno in alcune se non in tutte le loro tesi dottrinali.»

(Eusebio di Cesarea, Preparazione Evangelica, Libro XI tradotto direttamente dall'inglese per mancanza di fonte migliore)

Il patrologo Berthold Altaner scrive a riguardo di Giustino Martire e le sue espressioni “semi del Verbo”:

«Con la sua teoria del λόγος σπερματικός [logos spermatikos] Giustino getta un ponte tra la filosofia antica e il Cristianesimo. In Cristo apparve, in tutta la sua pienezza, il Logos divino, ma ogni uomo possiede nella sua ragione un germe (σπέρμα) del Logos. Questa partecipazione al Logos, e conseguente disposizione a conoscere la Verità, fu in alcuni particolarmente grande; così nei Profeti del giudaismo e, fra i greci, in Eraclito e Socrate. Molti elementi della verità sono passati, così egli opina, nei poeti e nei filosofi greci dell’antica letteratura giudaica, poiché Mosè era ritenuto lo scrittore assolutamente più antico. Di conseguenza i filosofi, in quanto vissero e insegnarono conformemente alle regole della ragione, furono dei Cristiani, in un certo senso, prima della venuta di Cristo. Tuttavia solo dopo questa venuta i Cristiani sono entrati in possesso della verità totale e sicura, priva di ogni errore. Il pensiero teologico di San Giustino è fortemente influenzato dalla filosofia stoica e platonica»

(Berthold Altaner, Patrologia, Marietti, 7ª ed., 1977, pp. 70-71)

Radici nel Vangelo e negli scritti Neo-Testamentari

Gesù di Nazareth paragonò se stesso ad un seminatore quando pronunciò la Parabola del seminatore alle folle che lo ascoltavano.

È emblematico al riguardo il discorso di San Paolo agli ateniesi nell'Areopago, in quanto cita un noto poeta greco come espediente per trasmettere il suo messaggio sul Vangelo. Fa anche riferimento alle loro tradizioni religiose, spiegandole alla luce del Vangelo:

Insegnamenti magisteriali della Chiesa Cattolica

La dottrina dei Semi del Verbo, intesa come singole verità del Vangelo inseminate nelle culture umane, è presente anche nei testi del Concilio Vaticano II. Il Decreto sull'Attività Missionaria Ad Gentes afferma:

«Ma perché essi [i.e. i cristiani, NDR] possano dare utilmente questa testimonianza [i.e. al Vangelo, NDR], debbono stringere rapporti di stima e di amore con questi uomini [i.e. che non hanno ancora o hanno appena ascoltato il messaggio evangelico, NDR], riconoscersi come membra di quel gruppo umano in mezzo a cui vivono, e prender parte, attraverso il complesso delle relazioni e degli affari dell'umana esistenza, alla vita culturale e sociale. Così debbono conoscere bene le tradizioni nazionali e religiose degli altri, lieti di scoprire e pronti a rispettare quei germi del Verbo che vi si trovano nascosti.»

(Concilio Vaticano II, Ad Gentes, Cap. II, art. 1, n. 11)

Similmente la Costituzione Dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium afferma:

«Infine, quanto a quelli che non hanno ancora ricevuto il Vangelo ... tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo e come dato da colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita.»

(Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, n. 16)

La Dicharazione sulle religioni non cristiane, Nostra Aetate, utilizza l'immagine di un raggio di luce per esprimere lo stesso concetto:

«Dai tempi più antichi fino ad oggi presso i vari popoli si trova una certa sensibilità a quella forza arcana che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana, ed anzi talvolta vi riconosce la Divinità suprema o il Padre. Questa sensibilità e questa conoscenza compenetrano la vita in un intimo senso religioso. ... La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini.»

(Concilio Vaticano II, Nostra Aetate n. 2)

Dopo il Concilio, la metafora dei semina Verbi e il tema della praeparatio evangelica sono stati ripresi dai Sommi Pontefici.

Papa Paolo VI, nell’Esortazione apostolica sull’evangelizzazione, afferma:

«[Le religioni non-cristiane] sono tutte cosparse di innumerevoli “germi del Verbo” e possono costituire una autentica “preparazione evangelica”, per riprendere una felice espressione del Concilio Vaticano II tratta da Eusebio di Cesarea»

(Papa Paolo VI, Evangelii nuntiandi, n. 53)

Papa Giovanni Paolo II, nella sua prima enciclica, scrive:

«Giustamente i Padri della Chiesa vedevano nelle diverse religioni quasi altrettanti riflessi di un’unica verità come “germi del Verbo”, i quali testimoniano che, quantunque per diverse strade, è rivolta tuttavia in una unica direzione la più profonda aspirazione dello spirito umano, quale si esprime nella ricerca di Dio ed insieme nella ricerca, mediante la tensione verso Dio, della piena dimensione dell’umanità, ossia del pieno senso della vita umana»

(Papa Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, n. 11)

E il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato nel 1993, riprende il testo della Lumen Gentium a proposito delle religioni non cristiane:

«La Chiesa riconosce nelle altre religioni la ricerca, ancora "nelle ombre e nelle immagini", di un Dio ignoto ma vicino, poiché è lui che dà a tutti vita, respiro e ogni cosa, e vuole che tutti gli uomini siano salvi. Pertanto la Chiesa considera tutto ciò che di buono e di vero si trova nelle religioni come una preparazione al Vangelo, "e come dato da colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita".»

(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 843)

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