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Johann Sebastian Bach: differenze tra le versioni

 
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Da circa un secolo e mezzo si è convenuto chiamare questa monumentale opera con l'espressione “Die hohe Messe in H-moll” o “Grande Messa in si minore”, un titolo che non compare nell'originale bachiano e nelle copie coeve, ma che venne attribuito all'opera da chi per primo ne propose l'edizione a stampa. Si deve ritenere basilare l'affermazione che l'opera non dovette conoscere, al tempo di Bach, un'esecuzione globale, e la constatazione che l'opera raccogliesse in sé gli elementi sparsi di un discorso che venne affrontato non unitariamente, ma a sezioni ed in tempi diversi.
Da circa un secolo e mezzo si è convenuto chiamare questa monumentale opera con l'espressione “Die hohe Messe in H-moll” o “Grande Messa in si minore”, un titolo che non compare nell'originale bachiano e nelle copie coeve, ma che venne attribuito all'opera da chi per primo ne propose l'edizione a stampa. Si deve ritenere basilare l'affermazione che l'opera non dovette conoscere, al tempo di Bach, un'esecuzione globale, e la constatazione che l'opera raccogliesse in sé gli elementi sparsi di un discorso che venne affrontato non unitariamente, ma a sezioni ed in tempi diversi.


La nuova cronologia, frutto di un accurato studio filologico e di critica del testo, fissa al 1724 la composizione del Sanctus come brano a sé stante: a quella data risalgono l'autografo della partitura e le parti separate originali. La prima esecuzione fu il 25 dicembre dello stesso anno, ma la pagina venne più volte riutilizzata.
La nuova cronologia, frutto di un accurato studio filologico e di critica del testo, fissa al 1724 la composizione del Sanctus come brano a sé stante: a quella data risalgono l'autografo della partitura e le parti separate originali. La prima esecuzione fu il 25 dicembre dello stesso anno, ma la pagina venne più volte riutilizzata. Per la Missa (Kyrie-Gloria) non è accertata in concreto alcuna esecuzione, ma sappiamo che le 21 parti vennero inviate nel 1733 al nuovo duca '''August II'''. Più complessa è la definizione dei termini di tempo delle restanti sezioni (Symbolum Nicenum, Hosanna, Benedictus, Agnus Dei et Dona nobis pacem). Le pagine in questione vengono datate agli ultimi anni di Bach (1747-1749), tempo al quale risalirebbe anche la definitiva sistemazione del manoscritto con la congiunzione in un unico corpo di due tronconi separati (Missa, restanti parti, più aggiunta Sanctus 1724).
Per la Missa (Kyrie-Gloria) non è accertata in concreto alcuna esecuzione, ma sappiamo che le 21 parti vennero inviate nel 1733 al nuovo duca August II.
Più complessa è la definizione dei termini di tempo delle restanti sezioni (Symbolum Nicenum, Osanna, Benedictus, Agnus Dei et Dona nobis pacem). Le pagine in questione vengono datate agli ultimi anni di Bach (1747-1749), tempo al quale risalirebbe anche la definitiva sistemazione del manoscritto con la congiunzione in un unico corpo di due tronconi separati (Missa, restanti parti, più aggiunta Sanctus 1724).


Quello della “confessionalità” è uno dei problemi centrali dell'esegesi cui è stato sottoposto il corpo dei brani formanti la Messa bachiana.
Quello della “confessionalità” è uno dei problemi centrali dell'esegesi cui è stato sottoposto il corpo dei brani formanti la Messa bachiana. Per un verso l'adozione del testo dell'Ordinarium nella sua totalità depone a favore della “cattolicità” dell'opera; per un altro verso il fatto che singoli brani siano stati utilizzati in un contesto rituale evangelico (come per il Sanctus, e probabilmente per il Symbolum Nicenum) confermerebbe l'idea di una composizione pensata più per il culto luterano, a maggior ragione se si considera che tutta la produzione vocale sacra di Bach è stata scritta per le chiese di Lipsia e che è quasi impensabile l'idea di una composizione sacra rimasta ineseguita.
Per un verso l'adozione del testo dell'Ordinarium nella sua totalità depone a favore della “cattolicità” dell'opera; per un altro verso il fatto che singoli brani siano stati utilizzati in un contesto rituale evangelico (come per il Sanctus, e probabilmente per il Symbolum Nicenum) confermerebbe l'idea di una composizione pensata più per il culto luterano, a maggior ragione se si considera che tutta la produzione vocale sacra di Bach è stata scritta per le chiese di Lipsia e che è quasi impensabile l'idea di una composizione sacra rimasta ineseguita.
C'è, naturalmente, la questione della dedica della Missa al duca di Sassonia, che avrebbe abbracciato il cattolicesimo. Bisogna però ricordare che alla corte di Dresda erano presenti due cappelle, una cattolica (la principale) e una luterana. Sembrerebbe strano immaginare Bach in preda ad una sorta di “abiura” improvvisa, o ad un semplice adeguamento alla confessione del sovrano, il quale l'aveva accolta per opportunismo politico.
C'è, naturalmente, la questione della dedica della Missa al duca di Sassonia, che avrebbe abbracciato il cattolicesimo. Bisogna però ricordare che alla corte di Dresda erano presenti due cappelle, una cattolica (la principale) e una luterana. Sembrerebbe strano immaginare Bach in preda ad una sorta di “abiura” improvvisa, o ad un semplice adeguamento alla confessione del sovrano, il quale l'aveva accolta per opportunismo politico.
D'altro canto bisogna sottolineare che la tradizione liturgica cattolica non aveva mai conosciuto prima uffici liturgici musicali di quella portata (Mozart, K 427 e Beethoven, Missa Solemnis verranno dopo).
 
Con ogni riguardo deve essere poi osservato il fatto che la dedica al sovrano si riferisce esclusivamente alla Missa costituita da quelle parti che il servizio liturgico luterano ancora considerava proponibili, immaginando la sostituzione di corrispettivi tedeschi per la restante parte.
D'altro canto bisogna sottolineare che la tradizione liturgica cattolica non aveva mai conosciuto prima uffici liturgici musicali di quella portata (la [[Wikipedia:it:Messa_in_do_minore_K_427|Grande Messa K 427]] di Mozart e la [[Wikipedia:it:Missa_Solemnis_(Beethoven)|Missa Solemnis]] di Beethoven sono posteriori).
Negli anni poi tra il 1747-1749, in cui è databile la composizione delle ultime parti della messa e la definitiva sistemazione in un corpus organico, non si trovano tracce di una intestazione dell'intera opera al sovrano della corte di Dresda.
 
Con ogni riguardo deve essere poi osservato il fatto che la dedica al sovrano si riferisce esclusivamente alla Missa costituita da quelle parti che il servizio liturgico luterano ancora considerava proponibili, immaginando la sostituzione di corrispettivi tedeschi per la restante parte. Negli anni poi tra il 1747-1749, in cui è databile la composizione delle ultime parti della messa e la definitiva sistemazione in un corpus organico, non si trovano tracce di una intestazione dell'intera opera al sovrano della corte di Dresda.
 
La materia, come si vede, offre spunti e argomentazioni per sostenere tanto la tesi “cattolica” quanto la tesi “luterana” e consente anche di intendere l'opera in termini di ambivalenza. La sua natura cattolica emergerà quando si vorrà considerarla nei termini di un corpo unitario, elaborato lungo un ampio intervallo di tempo, svincolato dalla realtà storica e quasi isolato in mondo astratto anche se agganciato alla tradizione della Messa concertata.
La materia, come si vede, offre spunti e argomentazioni per sostenere tanto la tesi “cattolica” quanto la tesi “luterana” e consente anche di intendere l'opera in termini di ambivalenza. La sua natura cattolica emergerà quando si vorrà considerarla nei termini di un corpo unitario, elaborato lungo un ampio intervallo di tempo, svincolato dalla realtà storica e quasi isolato in mondo astratto anche se agganciato alla tradizione della Messa concertata.
Al contrario essa apparirà come una manifestazione del pensiero musicale luterano quando la si interpreterà a segmenti separati, ciascuno dei quali destinato a non ricoprire un unico servizio liturgico, bensì a soddisfare esigenze specifiche delle grandi festività in cui era consentito praticare la polifonia applicata ai testi latini dell'Ordinarium.
Al contrario essa apparirà come una manifestazione del pensiero musicale luterano quando la si interpreterà a segmenti separati, ciascuno dei quali destinato a non ricoprire un unico servizio liturgico, bensì a soddisfare esigenze specifiche delle grandi festività in cui era consentito praticare la polifonia applicata ai testi latini dell'Ordinarium.


Prima di analizzare più da vicino alcune delle parti della Messa in si minore, è bene spendere due parole sulla tecnica compositiva e formale che Bach adotta.
Prima di analizzare più da vicino alcune delle parti della '''Messa in si minore''', è bene spendere due parole sulla tecnica compositiva e formale che Bach adotta. Non è eccessivamente imprudente sostenere che quasi tutti i 25 numeri di cui consta la partitura non sono pagine originali, ma parodie o adattamenti più o meno rilevanti da opere precedenti. Tenendo conto di ciò, tanto più appare mirabile l'opera bachiana, se si considera che essa è tutta o in gran parte il frutto di un montaggio razionale e perfettamente equilibrato che sul piano dei risultati musicali s'impone come creazione originale e unica. L'opera è di quelle che più apertamente manifestano, nella sua quasi esasperata monumentalità e nella sua irripetibile polivalenza, la concordia delle idee, l'armonia dei gesti, il razionale patto di alleanza che compone ogni interna contraddizione.
Non è eccessivamente imprudente sostenere che quasi tutti i 25 numeri di cui consta la partitura non sono pagine originali, ma parodie o adattamenti più o meno rilevanti da opere precedenti. Tenendo conto di ciò, tanto più appare mirabile l'opera bachiana, se si considera che essa è tutta o in gran parte il frutto di un montaggio razionale e perfettamente equilibrato che sul piano dei risultati musicali s'impone come creazione originale e unica. L'opera è di quelle che più apertamente manifestano, nella sua quasi esasperata monumentalità e nella sua irripetibile polivalenza, la concordia delle idee, l'armonia dei gesti, il razionale patto di alleanza che compone ogni interna contraddizione.
 
Dando uno sguardo al prospetto si può notare che il peso maggiore è sostenuto dal coro, al quale sono affidati interventi stilistici molto differenziati, ma sempre sostenuti dal concerto degli strumenti realizzato spesso in modo trionfalistico.
Dando uno sguardo al prospetto si può notare che il peso maggiore è sostenuto dal coro, al quale sono affidati interventi stilistici molto differenziati, ma sempre sostenuti dal concerto degli strumenti realizzato spesso in modo trionfalistico.


ORGANICO: soprano I e II, contralto, tenore, basso, coro, 2 flauti, 3 oboi, 2 oboi d'amore, 2 fagotti, corno, 3 trombe, timpani, archi, basso continuo.
ORGANICO: soprano I e II, contralto, tenore, basso, coro, 2 flauti, 3 oboi, 2 oboi d'amore, 2 fagotti, corno, 3 trombe, timpani, archi, basso continuo.


Veniamo ora all'ascolto di alcuni brani della Messa. E' il numero BWV 232 dell'elenco delle opere bachiane. La ascolteremo nell'esecuzione del 1998 diretta dal maestro Diego Fasolis, con l'Orchestra dei Sonatori de la Gioiosa Marca ed il Coro della Radio Svizzera (voci soliste: Roberta Invernizzi, Lynne Dawson, Gloria Banditelli, Christoph Prégardien, Klaus Mertens). La registrazione è stata diffusa dalla rivista Amadeus.
Una esecuzione è del 1998 diretta dal maestro [[Wikipedia:it:Diego Fasolis|Diego Fasolis]], con l'Orchestra dei [https://www.sonatori.net/ Sonatori de la Gioiosa Marca] ed il [https://www.barocchistiecoro.ch/coro-della-radiotelevisione-svizzera Coro della Radio Svizzera] (voci soliste: [[Wikipedia:it:Roberta Invernizzi|Roberta Invernizzi]], Lynne Dawson, [[Wikipedia:it:Gloria Banditelli|Gloria Banditelli]], [[Wikipedia:it:Christoph Prégardien|Christoph Prégardien]], Klaus Mertens). La registrazione è stata diffusa dalla rivista [[Wikipedia:it:Amadeus_(rivista)|Amadeus]].
 
Traccia 1: 9'11
===Kyrie eleison (coro)===
Kyrie eleison (coro)
 
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La Messa si apre con l'esecuzione da parte del coro a 5 voci ed orchestra, con una delle pagine più imponenti dell'intera composizione. Caratterizzata da grave solennità propone il motto di 4 battute eseguite dal coro con la triplice enunciazione del testo liturgico “Kyrie eleison”, in blocchi sonori compatti, ma connessi allo stesso tempo dallo sfasamento contrappuntistico delle voci (i soprani portano avanti l'enunciazione).
La Messa si apre con l'esecuzione da parte del coro a 5 voci ed orchestra, con una delle pagine più imponenti dell'intera composizione. Caratterizzata da grave solennità propone il motto di 4 battute eseguite dal coro con la triplice enunciazione del testo liturgico “Kyrie eleison”, in blocchi sonori compatti, ma connessi allo stesso tempo dallo sfasamento contrappuntistico delle voci (i soprani portano avanti l'enunciazione).
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La seconda enunciazione è questa volta svolta da bassi e non dai tenori, seguiti poi dalle voci femminili.
La seconda enunciazione è questa volta svolta da bassi e non dai tenori, seguiti poi dalle voci femminili.


Traccia 2: 5'05
===Christe eleison (Duetto: soprano I e II)===
Christe eleison (Duetto: soprano I e II)
 
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Questo secondo brano è in forma di duetto affidato ai due soprani, per contrasto ai due blocchi; è un brano luminoso, trasparente. Tale forma musicale nelle altre parti della messa è richiamata in coincidenza di testi che riguardano la secondo persona della Trinità.
Questo secondo brano è in forma di duetto affidato ai due soprani, per contrasto ai due blocchi; è un brano luminoso, trasparente. Tale forma musicale nelle altre parti della messa è richiamata in coincidenza di testi che riguardano la secondo persona della Trinità.
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Segue poi il secondo Kyrie, con coro a 4 voci, nella tonalità di fa # minore, in stile fugato.
Segue poi il secondo Kyrie, con coro a 4 voci, nella tonalità di fa # minore, in stile fugato.


Per quanto riguarda il Gloria è possibile suddividerlo in otto episodi (4 coro, 4 solisti), come appare dal prospetto. Parrebbe difficile riconoscere a prima vista un progetto organico prestabilito, eppure l'analisi a cui è stato sottoposto il corpo, lo mostra risolto come tale.
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===Gloria in excelsis Deo (coro) - Et in terra pax (coro)===
 
Il Gloria si può suddividere in otto episodi (4 coro, 4 solisti). Parrebbe difficile riconoscere a prima vista un progetto organico prestabilito, eppure l'analisi a cui è stato sottoposto il corpo, lo mostra risolto come tale.
Analizzando il testo è possibile dividerlo in 2 parti; la prima (dal Gloria al Domine Deus) che consiste in una serie di lodi al Padre e al Figlio; la seconda invoca l'intervento misericordioso del Figlio e si conclude con la riaffermazione del principio trinitario. La forma musicale che caratterizza l'intero Gloria è quella dell'inno.
Analizzando il testo è possibile dividerlo in 2 parti; la prima (dal Gloria al Domine Deus) che consiste in una serie di lodi al Padre e al Figlio; la seconda invoca l'intervento misericordioso del Figlio e si conclude con la riaffermazione del principio trinitario. La forma musicale che caratterizza l'intero Gloria è quella dell'inno.


Ascoltiamo allora alcuni brani dal Gloria.
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Traccia 4 e 5: 5'60
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Gloria in excelsis Deo (coro)
Et in terra pax (coro)


La temperatura è elevata nel tripudiante Gloria d'apertura a 5 voci, introdotto dalle inneggianti trombe, seguito poi dall'eterea fuga dell' Et in terra pax. La tonalità è re maggiore, la cui relativa è la tonalità d'impianto della Messa. Tale pezzo sinfonico/corale è un imponente spiegamento di forze, tutto l'organico al completo con il concertante della prima tromba. Tale parte venne utilizzata da Bach nella Cantata 191 del 1725 e in origine concepito come un tempo veloce di un concerto.
La temperatura è elevata nel tripudiante Gloria d'apertura a 5 voci, introdotto dalle inneggianti trombe, seguito poi dall'eterea fuga dell' Et in terra pax. La tonalità è re maggiore, la cui relativa è la tonalità d'impianto della Messa. Tale pezzo sinfonico/corale è un imponente spiegamento di forze, tutto l'organico al completo con il concertante della prima tromba. Tale parte venne utilizzata da Bach nella Cantata 191 del 1725 e in origine concepito come un tempo veloce di un concerto.
Timpani e trombe interrompono la loro esecuzione per il Et in terra pax, guidando l'atmosfera musicale verso un disegno più disteso e tranquillo, sottolineato dall'insieme di appoggiature eseguite dal coro, che il I soprano trasformerà in fuga. L'appoggiatura evidenzia un'accentuazione particolare della frase musicale dall'efficacia espressiva.
Timpani e trombe interrompono la loro esecuzione per il Et in terra pax, guidando l'atmosfera musicale verso un disegno più disteso e tranquillo, sottolineato dall'insieme di appoggiature eseguite dal coro, che il I soprano trasformerà in fuga. L'appoggiatura evidenzia un'accentuazione particolare della frase musicale dall'efficacia espressiva.


Traccia 6: 4'20
===Laudamus te (Aria: Soprano II)===
Laudamus te (Aria: Soprano II)
 
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Tre sono le arie del Gloria, tutte affidate ad una voce solista che duetta con uno strumento; nel primo caso un violino, nel secondo con l'aria Qui sedes ed dextram Patris un oboe d'amore, nel terzo con l'aria Quoniam tu solus sanctus con il corno da caccia. In tutti i casi c'è sempre l'orchestra che svolge il compito d'accompagnamento.
Tre sono le arie del Gloria, tutte affidate ad una voce solista che duetta con uno strumento; nel primo caso un violino, nel secondo con l'aria Qui sedes ed dextram Patris un oboe d'amore, nel terzo con l'aria Quoniam tu solus sanctus con il corno da caccia. In tutti i casi c'è sempre l'orchestra che svolge il compito d'accompagnamento.
L'aria del Laudamus è aperta da un vasto a solo concertante del violino, di evidente virtuosismo strumentale che anticipa la complessità vocale (33 note 5 trilli); la tonalità è di la maggiore.
L'aria del Laudamus è aperta da un vasto a solo concertante del violino, di evidente virtuosismo strumentale che anticipa la complessità vocale (33 note 5 trilli); la tonalità è di la maggiore.


Traccia 8: 5'35
===Domine Deus (Duetto: soprano I e tenore)===
Domine Deus (Duetto: soprano I e tenore)
 
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Un ampio duetto che riporta il discorso musicale ad un clima di suggestiva intimità, esaltata dalla raffinatezza timbrica dell'accompagnamento: flauto traverso obbligato, archi superiori con sordino, bassi in pizzicato. Il flauto espone un tema semplice e diretto su cui le voci si esibiscono ora in imitazione ora omoritmicamente. Le due voci – acute - propongono dapprima simultaneamente le proposte dei due testi e conducendo il discorso in imitazione; sull' Agnus Dei, invece, procedono in perfetto parallelismo e su un unico testo.
Un ampio duetto che riporta il discorso musicale ad un clima di suggestiva intimità, esaltata dalla raffinatezza timbrica dell'accompagnamento: flauto traverso obbligato, archi superiori con sordino, bassi in pizzicato. Il flauto espone un tema semplice e diretto su cui le voci si esibiscono ora in imitazione ora omoritmicamente. Le due voci – acute - propongono dapprima simultaneamente le proposte dei due testi e conducendo il discorso in imitazione; sull' Agnus Dei, invece, procedono in perfetto parallelismo e su un unico testo.
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Fatto non trascurabile è l'aggiunta della parola altissime all'espressione Domine Fili unigenite Jesu Christe: la parola non trova riscontro nel Missale Romanumm, ma figura come tropo nel Graduale della chiesa di San Tommaso di Lipsia.
Fatto non trascurabile è l'aggiunta della parola altissime all'espressione Domine Fili unigenite Jesu Christe: la parola non trova riscontro nel Missale Romanumm, ma figura come tropo nel Graduale della chiesa di San Tommaso di Lipsia.


Ascoltiamo ora dei brani dal Symbolum Nicenum
 
===Credo in unum Deum (coro) - Patrem omnipotentem (coro)===
 
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La distribuzione della materia nel Symbolum Nicenum obbedisce a criteri del tutto diversi al Gloria, essendo dominato da strutture architettoniche rigorose e fra loro corrispondenti.
La distribuzione della materia nel Symbolum Nicenum obbedisce a criteri del tutto diversi al Gloria, essendo dominato da strutture architettoniche rigorose e fra loro corrispondenti.


Tracce 1-2: 2'14
Questo brano per coro a cinque voci e 2 violini concertanti corrisponde in senso vero e proprio alla forma musicale di [[Wikipedia:it:Mottetto|mottetto]] a 7 voci (5 vocali, 2 strumentali) con basso continuo. In senso tecnico la pagina funge da “intonazione”, sostituendo il celebrante al quale, secondo la liturgia, sono affidate le prime parole del testo (senza Patrem).
Credo in unum Deum (coro)
La realizzazione mottettistica bachiana s'ispira a modelli arcaici ([[Wikipedia:it:Claudio_Monteverdi|Monteverdi]]) e utilizza un tema a valori larghi affidato al coro e ai due violini; queste sette parti procedono secondo uno stile contrappuntistico rigorosissimo, ma all'imitazione che governa le parti vocali si aggiunge una figurazione ostinata del basso continuo.
Credo in unum Deum Patrem omnipotentem (coro)
La sezione conclusiva viene solennizzata dall'apporto celebrativo di trombe e timpani, stesso organico utilizzato per il Gloria.


Questo brano per coro a cinque voci e 2 violini concertanti corrisponde in senso vero e proprio alla forma musicale di mottetto a 7 voci (5 vocali, 2 strumentali) con basso continuo. In senso tecnico la pagina funge da “intonazione”, sostituendo il celebrante al quale, secondo la liturgia, sono affidate le prime parole del testo (senza Patrem).
===Et incarnatus est (coro)===
La realizzazione mottettistica bachiana s'ispira a modelli arcaici (Monteverdi) e utilizza un tema a valori larghi affidato al coro e ai due violini; queste sette parti procedono secondo uno stile contrappuntistico rigorosissimo, ma all'imitazione che governa le parti vocali si aggiunge una figurazione ostinata del basso continuo.
La sezione conclusiva viene solennizzata dall'apporto celebrativo di trombe e timpani, stesso organico utilizzato per il Gloria.


Traccia 4: 2'48
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Et incarnatus est (coro)


Capolavoro di intima, sacrale intimità per coro a 5 voci, 2 parti di violino e basso continuo. Si apre con una piccola introduzione strumentale affidata al continuo e ai violini, che presentano la tonalità d'impianto di si minore, calandoci così in una atmosfera ineludibilmente espressiva.
Capolavoro di intimità sacrale per coro a 5 voci, 2 parti di violino e basso continuo. Si apre con una piccola introduzione strumentale affidata al continuo e ai violini, che presentano la tonalità d'impianto di si minore, calandoci così in una atmosfera ineludibilmente espressiva.
Di grande effetto sono le appoggiature dei violini che accompagnano il coro che si mantiene sempre su una dinamica che oscilla dal pp al p. Questa atmosfera ci riporta più indietro allo Stabat Mater di Pergolesi, e più avanti nel tempo al Lacrimosa del Requiem di Mozart.
Di grande effetto sono le appoggiature dei violini che accompagnano il coro che si mantiene sempre su una dinamica che oscilla dal '''pp''' al '''p'''. Questa atmosfera ci riporta più indietro allo [[Wikipedia:it:Stabat Mater (Pergolesi)|Stabat Mater]] di [[Wikipedia:it:Giovanni_Battista_Pergolesi|Pergolesi]], e più avanti nel tempo al Lacrimosa del [[Wikipedia:it:Requiem (Mozart)|Requiem]] di [[Wikipedia:it:Wolfgang Amadeus Mozart|Mozart]].
Si deve notare come la curva discendente del tema rimandi al mistero dell'incarnazione, appunto alla discesa di Dio nella carne, con una tragicità patetica che prelude alla teologia della Croce.
Si deve notare come la curva discendente del tema rimandi al mistero dell'incarnazione, appunto alla discesa di Dio nella carne, con una tragicità patetica che prelude alla teologia della Croce.


Traccia 6: 3'41
===Et resurrexit (coro)===
Et resurrexit (coro)


Di spirito completamente contrapposto è il festivo Et resurrexit, che celebra la resurrezione di Cristo con un tema affidato all'intero coro a 5 voci ed orchestra al completo.
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Di spirito completamente contrapposto è il festivo '''''Et resurrexit''''', che celebra la resurrezione di Cristo con un tema affidato all'intero coro a 5 voci ed orchestra al completo.
Forse è derivato da un lavoro profano. Il coro si divide, nella sua perentorietà ritmica, tra esecuzioni omofoniche e contrappuntistiche. Il brano è suddivisibile in due sezioni intervallate da un ritornello strumentale nel quale sono escluse le trombe; queste si trovano come protagoniste nella conclusione strumentale, alle quali è affidato un duetto.
Forse è derivato da un lavoro profano. Il coro si divide, nella sua perentorietà ritmica, tra esecuzioni omofoniche e contrappuntistiche. Il brano è suddivisibile in due sezioni intervallate da un ritornello strumentale nel quale sono escluse le trombe; queste si trovano come protagoniste nella conclusione strumentale, alle quali è affidato un duetto.
Veniamo ora al Sanctus.


Traccia 10: 4'20
===Sanctus (coro)===
Sanctus (coro)


Come già detto il Kantor ha ripreso senza modifiche un Sanctus composto nel 1724 e più volte eseguito dei giorni del Natale e della Pasqua di anni successivi. La composizione si presenta a 6 voci (2SS 2AA) e dotata di un organico strumentale superiore rispetto alla prima sezione della Messa. Il brano si apre con un incedere solenne e grandioso che contrasta dinamicamente con la fuga del Pleni sunt in coeli. La prima sezione è dominata dalla figurazione ritmica della terzina che permette uno scioglimento tematico più fluido e coinvolgente e si colloca come nuovo elemento di contrasto con la seconda parte guidata da ritmica regolare.
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Infine l' Agnus Dei
Come già detto il Kantor ha ripreso senza modifiche un Sanctus composto nel 1724 e più volte eseguito dei giorni del Natale e della Pasqua di anni successivi. La composizione si presenta a 6 voci (2SS 2AA) ed è dotata di un organico strumentale superiore rispetto alla prima sezione della Messa. Il brano si apre con un incedere solenne e grandioso che contrasta dinamicamente con la fuga del '''''Pleni sunt coeli'''''. La prima sezione è dominata dalla figurazione ritmica della terzina che permette uno scioglimento tematico più fluido e coinvolgente e si colloca come nuovo elemento di contrasto con la seconda parte guidata da ritmica regolare.


Tracce 14-15: 9'04
===Agnus Dei (alto) - Dona nobis pacem (coro)===
Agnus Dei (alto)
Dona nobis pacem (coro)


Il numero conclusivo dell'Ordinarium viene suddiviso da Bach in due sezioni rigorosamente separate: un'aria per contralto e una parte corale che intona l'ultimo versetto del testo liturgico.
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L'intensa esecuzione del contralto, nella tonalità di sol minore, procede senza fretta, appoggiandosi a lungo sulle parole-chiave del testo (Dei; tollis; peccata; mundi). Strumentalmente ci sono due elementi che sono in contrasto: gli “affetti” dolenti del basso continuo e le luminosi parti dei violini che procedono all'unisono.


La Messa in si minore si chiude con una sorpresa, a suprema conferma di quel trionfo della parodia. Il Dona nobis pacem consiste infatti nella ripresa di un pezzo preesistente, già impiegato in una Messa del 1733. L'organico grande viene mobilitato, prevedibilmente, per concludere il capolavoro con un fugato mottettistico il cui protagonista è il coro, coadiuvato nella sfolgorante sezione conclusiva dal clamore delle trombe e timpani.
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Il numero conclusivo dell'Ordinarium viene suddiviso da Bach in due sezioni rigorosamente separate: un'aria per contralto e una parte corale che intona l'ultimo versetto del testo liturgico. L'intensa esecuzione del contralto, nella tonalità di sol minore, procede senza fretta, appoggiandosi a lungo sulle parole-chiave del testo (''Dei''; ''tollis''; ''peccata''; ''mundi''). Strumentalmente ci sono due elementi che sono in contrasto: gli “affetti” dolenti del basso continuo e le luminose parti dei violini che procedono all'unisono.
 
La Messa in si minore si chiude con una sorpresa, a suprema conferma di quel trionfo della parodia. Il '''Dona nobis pacem''' consiste infatti nella ripresa di un pezzo preesistente, già impiegato in una Messa del 1733. L'organico grande viene mobilitato, prevedibilmente, per concludere il capolavoro con un fugato mottettistico il cui protagonista è il coro, coadiuvato nella sfolgorante sezione conclusiva dal clamore delle trombe e timpani.


==La Passione secondo Matteo==
==La Passione secondo Matteo==
Il necrologio del figlio Carl Philipp Emanuel riferisce che Bach aveva scritto cinque passioni. Di queste, soltanto due sono pervenute intere a noi: la Johannes-Passion, la cui prima esecuzione accertata risale al 1724, e la Matthaus-Passion del 1729; una Markus-Passion, su testo di Picander, è pervenuta ma se ne conosce parte della musica, che venne creata utilizzando anche la cantata BWV 198. Spuria una Lukas-Passion, pervenuta autografa ma sicuramente copiata da un manoscritto di altro autore, forse intorno al 1712. Della quinta passione, nulla si conosce, se non un presunto libretto di Picander. Poiché è logico pensare che Bach, per comporre le cinque passioni, abbia messo in musica i testi della Passione secondo tutti e quattro gli evangelisti, è evidente che uno di quei testi dovette essere preso in considerazione due volte. Friedrich Smend, fondandosi sulla specificazione del Necrologio nella quale è rilevata la presenza di una Passione a due cori, ha supposto che Bach avesse scritto due Matthaus-Passionen, una delle quali - a un coro - scritta durante gli anni di Weimar.


A Lipsia vi era l'abitudine di comporre ed eseguire vari tipi di passione in stile polifonico, ed è grazie all'intensa attività musicale di questa città, specialmente nel campo della musica sacra, che tale forma trova la sua fortuna e il più alto grado di sperimentazione. Abbiamo così la Passione-responsorio con semplici interventi del coro in risposta alla lettura intonata del o dei celebranti; la Passione-mottetto con la realizzazione polifonica dell'intero testo evangelico; la Passione drammatica in cui il recitativo non è quello liturgico tradizionale, bensì risulta liberamente inventato; la Passione-oratorio, cioè come oratorio sul tema della Passione.
===Considerazioni preliminari===
Il necrologio del figlio Carl Philipp Emanuel riferisce che Bach aveva scritto cinque passioni. Di queste, soltanto due sono pervenute intere a noi: la [[Wikipedia:it:Passione secondo Giovanni|Johannes-Passion]] (BWV 245), la cui prima esecuzione accertata risale al 1724, e la [[Wikipedia:it:Passione secondo Matteo|Matthaus-Passion]] (BWV 244) del 1729; una [[Wikipedia:it:Passione secondo Marco|Markus-Passion]], su testo di [[Wikipedia:it:Christian Friedrich Henrici|Picander]], è pervenuta ma se ne conosce parte della musica, che venne creata utilizzando anche la cantata '''BWV 198'''. Spuria una [[Wikipedia:it:Passione secondo Luca|Lukas-Passion]], pervenuta autografa ma sicuramente copiata da un manoscritto di altro autore, forse intorno al 1712. Della quinta passione, nulla si conosce, se non un presunto libretto di Picander. Poiché è logico pensare che Bach, per comporre le cinque passioni, abbia messo in musica i testi della Passione secondo tutti e quattro gli evangelisti, è evidente che uno di quei testi dovette essere preso in considerazione due volte. '''Friedrich Smend''', fondandosi sulla specificazione del Necrologio nella quale è rilevata la presenza di una Passione a due cori, ha supposto che Bach avesse scritto due '''Matthaus-Passionen''', una delle quali - a un coro - scritta durante gli anni di [[Wikipedia:it:Weimar|Weimar]].
 
A Lipsia vi era l'abitudine di comporre ed eseguire vari tipi di passione in stile polifonico, ed è grazie all'intensa attività musicale di questa città, specialmente nel campo della musica sacra, che tale forma trova la sua fortuna e il più alto grado di sperimentazione. Abbiamo così la '''Passione-responsorio''' con semplici interventi del coro in risposta alla lettura intonata del o dei celebranti; la '''Passione-mottetto''' con la realizzazione polifonica dell'intero testo evangelico; la '''Passione drammatica''' in cui il recitativo non è quello liturgico tradizionale, bensì risulta liberamente inventato; la '''Passione-oratorio''', cioè come oratorio sul tema della Passione.


Le due passioni a noi giunte, capolavori forse assoluti della musica di Bach, sono concepite, invece, nella forma della cosiddetta passione oratoriale.
Le due passioni a noi giunte, capolavori forse assoluti della musica di Bach, sono concepite, invece, nella forma della cosiddetta '''passione oratoriale'''.
Nella passione oratoriale, che veniva presentata all'interno di una celebrazione liturgica non diversamente da una cantata sacra in due parti (prima e dopo la predica), il testo evangelico viene interpolato con testi madrigalistici (arie o cori) e Kirchenlieder (corali).
Nella passione oratoriale, che veniva presentata all'interno di una celebrazione liturgica non diversamente da una cantata sacra in due parti (prima e dopo la predica), il testo evangelico viene interpolato con testi [[Wikipedia:it:Madrigalismo|madrigalistici]] (arie o cori) e ''Kirchenlieder'' (corali).


Strutturalmente la passione si articola nel modo seguente:
Strutturalmente la passione si articola nel modo seguente:
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Problema assai dibattuto, infine, è quello della prassi esecutiva relativamente alla parte del basso continuo, campo minato di certa esegesi non sempre attenta a sottrarsi ad un'interpretazione troppo letterale dei documenti e spesso dimentica che in quell'età l'adozione di uno strumento in luogo o a fianco di un altro poteva essere governata dal caso, da una primaria libertà di azione oppure da necessità contingenti oggi superate con la maggiore preparazione professionale degli esecutori. La questione principale riguarda il corretto impiego del cembalo, uno strumento che ebbe corso nelle chiese principali di Lipsia, unitamente o in alternativa all'organo. Una soluzione radicale e definitiva del problema è impossibile, ma il buon senso dovrebbe suggerire che, anche quando la presenza del cembalo è indicata in partitura o addirittura confermata da una specifica parte separata conglobata nel materiale esecutivo originario, non è detto che l'impiego ne diventi indispensabile e ad esso non si possa rinunciare. E' possibile, ad esempio, che il cembalo costituisse un semplice sostegno, un ausilio per guidare le voci, le quali dovevano agire in spazi acusticamente difettosi o angusti, in condizioni ambientali, dunque, ben diverse da quelle in cui si trova ad operare l'odierna pratica concertistica.
Problema assai dibattuto, infine, è quello della prassi esecutiva relativamente alla parte del basso continuo, campo minato di certa esegesi non sempre attenta a sottrarsi ad un'interpretazione troppo letterale dei documenti e spesso dimentica che in quell'età l'adozione di uno strumento in luogo o a fianco di un altro poteva essere governata dal caso, da una primaria libertà di azione oppure da necessità contingenti oggi superate con la maggiore preparazione professionale degli esecutori. La questione principale riguarda il corretto impiego del cembalo, uno strumento che ebbe corso nelle chiese principali di Lipsia, unitamente o in alternativa all'organo. Una soluzione radicale e definitiva del problema è impossibile, ma il buon senso dovrebbe suggerire che, anche quando la presenza del cembalo è indicata in partitura o addirittura confermata da una specifica parte separata conglobata nel materiale esecutivo originario, non è detto che l'impiego ne diventi indispensabile e ad esso non si possa rinunciare. E' possibile, ad esempio, che il cembalo costituisse un semplice sostegno, un ausilio per guidare le voci, le quali dovevano agire in spazi acusticamente difettosi o angusti, in condizioni ambientali, dunque, ben diverse da quelle in cui si trova ad operare l'odierna pratica concertistica.


La Matthaus-Passion
===Disamina della Matthaus-Passion===
La Passione secondo S.Matteo, differentemente dalla Passione secondo S.Giovanni, appare più vistosa e spettacolare, meno intima, ma più impressionante, non tanto nelle dimensioni e nell'aspetto formale, quanto piuttosto nella vertiginosa corsa verso atteggiamenti teatrali (un vero e proprio dramma liturgico) di resa immediata. La partitura appare non-uniforme, ma commista di stili disparatissimi difficilmente afferrabili da chi non conosca a fondo i segreti del linguaggio bachiano.
La '''Passione secondo San Matteo''', differentemente dalla '''Passione secondo San Giovanni''', appare più vistosa e spettacolare, meno intima, ma più impressionante, non tanto nelle dimensioni e nell'aspetto formale, quanto piuttosto nella vertiginosa corsa verso atteggiamenti teatrali (un vero e proprio dramma liturgico) di resa immediata. La partitura appare non-uniforme, ma commista di stili disparatissimi difficilmente afferrabili da chi non conosca a fondo i segreti del linguaggio bachiano.


Composta tra l'autunno del 1728 e la Quaresima del 1729, fu eseguita nella chiesa di S. Tommaso di Lipsia il giovedì santo dello stesso anno (altre esecuzioni 1736, 1739, 1745).
Composta tra l'autunno del 1728 e la Quaresima del 1729, fu eseguita nella [[Wikipedia:it:Chiesa di San Tommaso (Lipsia)|chiesa di San Tommaso]] di Lipsia il giovedì santo dello stesso anno (altre esecuzioni 1736, 1739, 1745).


Per quanto riguarda la sezione testuale, il testo è tratto dal vangelo di S.Matteo e intercalato da 28 brani ad opera di Picander, più 14 corali. L'elemento primario della realizzazione drammatica è il recitativo che ha importanza capitale ed è strettamente legato al significato del testo. A parte l'arditezza armonica e l'estrema libertà della linea melodica, c'è da rivelare la sua prodigiosa natura lirica e religiosa, anzi luterana.
Per quanto riguarda la sezione testuale, il testo è tratto dal vangelo di San Matteo e intercalato da 28 brani ad opera di Picander, più 14 corali. L'elemento primario della realizzazione drammatica è il recitativo che ha importanza capitale ed è strettamente legato al significato del testo. A parte l'arditezza armonica e l'estrema libertà della linea melodica, c'è da rivelare la sua prodigiosa natura lirica e religiosa, anzi luterana.
All'Evangelista è affidata l'esecuzione di un recitativo secco, differentemente da quello che accompagna il personaggio di Cristo, sostenuto da un lieve disegno melodico degli archi. Unica eccezione al costante uso del recitativo obbligato (strumentale) è il momento in cui Cristo pronuncia, prima della morte, le parole Eli, Eli, lamma Sabachtani, espressione che anche musicalmente è appello di agghiacciante efficacia.
All'Evangelista è affidata l'esecuzione di un recitativo secco, differentemente da quello che accompagna il personaggio di Cristo, sostenuto da un lieve disegno melodico degli archi. Unica eccezione al costante uso del recitativo obbligato (strumentale) è il momento in cui Cristo pronuncia, prima della morte, le parole ''Eli, Eli, lamma Sabachtani'', espressione che anche musicalmente è appello di agghiacciante efficacia.
Rivestito di figure musicali cariche di significati simbolici e che perciò propongono un'immediata corrispondenza fra il contenuto del testo e il veicolo della parola, il recitativo è spesso un messaggio lanciato al fedele e destinato a scavalcare il senso letterale della narrazione per assumere invece una forma musicale autonoma (es. n. 63a che alle parole dell'Evangelista, nel momento del terremoto, sottopone il tumultuoso clangore di una parte di continuo - organo - con effetti sonori che vanno ben oltre i limiti di un puro sostegno armonico per farsi invece pittura d'ambiente, poesia dell'imitazione della natura).
Rivestito di figure musicali cariche di significati simbolici e che perciò propongono un'immediata corrispondenza fra il contenuto del testo e il veicolo della parola, il recitativo è spesso un messaggio lanciato al fedele e destinato a scavalcare il senso letterale della narrazione per assumere invece una forma musicale autonoma (es. n. 63a che alle parole dell'Evangelista, nel momento del terremoto, sottopone il tumultuoso clangore di una parte di continuo - organo - con effetti sonori che vanno ben oltre i limiti di un puro sostegno armonico per farsi invece pittura d'ambiente, poesia dell'imitazione della natura).


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Si devono aggiungere, poi, i grandiosi cori di apertura e di chiusura della passione e un terzo ruolo affidato alla massa corale, quello del popolo, la turba come personaggio dei Vangeli; per quest'ultimo si tratta di interventi previsti dalla narrazione e concepiti nei più diversi stili, dal semplice recitativo corale all'ampia struttura polifonica, dal brevissimo motto alla fuga.
Si devono aggiungere, poi, i grandiosi cori di apertura e di chiusura della passione e un terzo ruolo affidato alla massa corale, quello del popolo, la turba come personaggio dei Vangeli; per quest'ultimo si tratta di interventi previsti dalla narrazione e concepiti nei più diversi stili, dal semplice recitativo corale all'ampia struttura polifonica, dal brevissimo motto alla fuga.


Il momento statico della passione, il monumento alla meditazione e alla contrizione è rappresentato dagli ariosi e dalle arie; in queste pagine la coscienza del credente si risveglia mentre l'azione si ferma. I due elementi stilistici, ariosi e arie, si fondono praticamente in un unico organismo in cui la cantabilità si sposa ad una rigorosa tessitura contrappuntistica realizzata da strumenti obbligati, flauto diritto o traverso, oboe d'amore e da caccia, viola da gamba, liuto (S.Giovanni), violino…, con scelte timbriche di straordinaria puntualità, sottolineando ulteriormente quello che è il risultato finale delle passioni bachiane: commistione di stili e condotta parallela di forme diverse per spirito, destinazione e struttura, per la cui non-uniformità fuoriesce, razionalmente e sentimentalmente coordinata, l'unitarietà dell'opera, poiché è con la purità degli atteggiamenti che Bach conquista il dominio della materia.
Il momento statico della passione, il monumento alla meditazione e alla contrizione è rappresentato dagli ariosi e dalle arie; in queste pagine la coscienza del credente si risveglia mentre l'azione si ferma. I due elementi stilistici, ariosi e arie, si fondono praticamente in un unico organismo in cui la cantabilità si sposa ad una rigorosa tessitura contrappuntistica realizzata da strumenti obbligati, flauto diritto o traverso, oboe d'amore e da caccia, viola da gamba, liuto (San Giovanni), violino…, con scelte timbriche di straordinaria puntualità, sottolineando ulteriormente quello che è il risultato finale delle passioni bachiane: commistione di stili e condotta parallela di forme diverse per spirito, destinazione e struttura, per la cui non-uniformità fuoriesce, razionalmente e sentimentalmente coordinata, l'unitarietà dell'opera, poiché è con la purità degli atteggiamenti che Bach conquista il dominio della materia.


Veniamo all'ascolto di alcuni brani dell'opera. Ne ascolteremo l'esecuzione del 1965, diretta da Karl Richter con la Munchener Bach-orchester ed il Munchener Bach-chor (voci soliste: Irmgard Seefried, Antonia Fahberg, Hertha Topper, Ernst Haefliger, Kieth Engen, Dietrich Fischer-Dieskau, Max Proebstl), edizioni Archiv.
Veniamo all'ascolto di alcuni brani dell'opera. Ne ascolteremo l'esecuzione del 1965, diretta da Karl Richter con la Munchener Bach-orchester ed il Munchener Bach-chor (voci soliste: Irmgard Seefried, Antonia Fahberg, Hertha Topper, Ernst Haefliger, Kieth Engen, Dietrich Fischer-Dieskau, Max Proebstl), edizioni Archiv.