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La buona novella: differenze tra le versioni

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== Tracce ==
== Tracce ==
== Tracce ==
Testi [[Fabrizio De André]], musiche di De André e [[w:it:Gian Piero Reverberi|Gian Piero Reverberi]] eccetto dove indicato.<ref>Pur essendo nella copertina del disco attribuite al solo De André, le musiche di tutte le canzoni sono scritte insieme a Reverberi, come risulta dal deposito [[w:it:Società Italiana degli Autori ed Editori|SIAE]].</ref>
Testi [[Fabrizio De André]], musiche di De André e [[Gian Piero Reverberi]] eccetto dove indicato.<ref>Pur essendo nella copertina del disco attribuite al solo De André, le musiche di tutte le canzoni sono scritte insieme a Reverberi, come risulta dal deposito [[Società Italiana degli Autori ed Editori|SIAE]].</ref>
* Lato A
* Lato A
{{Tracce
{{Tracce
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|Titolo9 = Il testamento di Tito
|Titolo9 = Il testamento di Tito
|Durata9 = 5:51
|Durata9 = 5:51
|Autore musica9 = Fabrizio De André, [[Corrado Castellari]]<ref>Come riportato dal deposito SIAE del brano, anche se nell'etichetta il nome non è riportato e nella busta interna vi sono soltanto i ringraziamenti verso di lui da parte di De André</ref>
|Autore musica9 = Fabrizio De André, [[w:it:Corrado Castellari|Corrado Castellari]]<ref>Come riportato dal deposito SIAE del brano, anche se nell'etichetta il nome non è riportato e nella busta interna vi sono soltanto i ringraziamenti verso di lui da parte di De André</ref>
|Titolo10 = Laudate hominem
|Titolo10 = Laudate hominem
|Durata10 = 3:27
|Durata10 = 3:27
}}
}}
== Testamento di Tito ==
Il giornalista [[w:it:Andrea Monda|Andrea Monda]], direttore dell'[[w:it:L'Osservatore Romano|Osservatore Romano]], fa notare che l’ultimo brano dell’album, ''Il testamento di Tito'', è in realtà un inno alla misericordia di Gesù. Difatti in un'intervista con il cronista Giampaolo Mattei (che ha raccolto questa e altre interviste a cantautori nel volume '''''Anima mia''''' del 1998), De André ci tenne a dire che:
{{Citazione|Nessuno mi toglie dalla testa che Cristo avrebbe salvato tutti e due i ladroni che stavano sulla croce accanto a lui, sì, anche quello cattivo.|Fabrizio De André, intervista con Giampaolo Mattei}}
Questa lunga ballata acustica, nella quale ci sono dieci strofe ognuna dedicata a uno dei Dieci Comandamenti, racconta la vita e la morte del "buon ladrone" Tito, eppure dal testo della canzona, Tito tanto "buono" non sembra. È un uomo arrabbiato, ferito, il suo modo di esprimersi è a dir poco risentito, rivendicativo. Un’ironia amara, pronta a scivolare nel sarcasmo, colora le sue parole, anche nei confronti di Dio, a cui si rivolge ricordandogli e quasi rinfacciandogli il suo Decalogo. All’ottavo comandamento arriva il punto cruciale, l’accusa fondamentale: «Lo sanno a memoria il diritto divino, / e scordano sempre il perdono». È il fariseismo che Tito condanna, proprio di quegli ipocriti che predicano il rispetto formale della legge ma non praticano la misericordia. Una critica della religione che rivela però la ricerca di una fede vera, sincera, credibile. Una ricerca che non emerge esplicitamente lungo il corso della canzone ma si afferma sicuramente nel finale che, retrospettivamente, dona una luce nuova a tutto il brano.
È infatti nel finale che la canzone compie un salto di qualità e rende questa ballata vertiginosa e commovente: la carrellata sui dieci comandamenti dopo nove strofe si interrompe di colpo, si fermano anche le chitarre e prevale l’inconfondibile voce del cantautore, ed ecco che quasi parlando all’ascoltatore accenna nell’ultima strofa agli altri due comandamenti, quelli dell’amore che, come afferma Gesù, ricomprendono tutti gli altri della legge antica. Dopo aver sputato tutto il veleno rimasto in corpo, ecco che Tito alza lo sguardo, vince il peso della testa schiacciata sul petto a causa del supplizio e finalmente guarda oltre se stesso e vede l’altro, Gesù: «io nel vedere quest’uomo che muore, / madre, io provo dolore». Fino a quel momento era, secondo l’immagine di S. Agostino, “homo curvatus”, ripiegato su di sé, ora esce dal solipsismo e si apre all’altro e trova nell’altro un suo simile, uno nelle sue stesse condizioni, e ammette di provare per l’altro quel dolore che durante la vita aveva sempre superbamente e rabbiosamente negato.
Tito prova compassione, in quel momento si scopre essere umano e si scopre vivo. Egli “nasce” in quel momento, alla fine di una esistenza che solo apparentemente poteva essere definita “vita”. La sua durezza si scioglie, frana. Lo capisce lì, sulla croce, che il segreto di una vita veramente umana sta in quella cosa misteriosa, l’amore, che fino ad allora non aveva compreso («io forse ho confuso il piacere e l’amore» cantava nella sesta strofa). Lo dice chiaramente l’ultimo verso, definitivo, che riscatta tutto il suo amaro bilancio: «Nella pietà che non cede al rancore, / madre, ho imparato l’amore». E non è un caso che per due volte sia ripetuta quella parola, “madre ” (è la mamma di Tito o
Maria?), un punto di luce nel buio del Golgota; da quel punto Tito, proprio mentre muore, può ripartire, perché «Non c’è vita che almeno per un attimo non sia stata immortale. La morte è sempre in ritardo di quell'attimo» (W. Szymborska).<ref>{{Cita news|titolo=Misericordia e riscatto|autore=Andrea Monda|pubblicazione=L'Osservatore Romano|p=10|data=10 aprile 2020}}</ref>
{{youtube|og0xFfS3l8Y}}
'''Testo'''
{{Poesia|titolo=Testamento di Tito (© Universal Music Publishing Group)|numera=0
|Non avrai altro Dio all'infuori di me
|Spesso mi ha fatto pensare
|Genti diverse venute dall'est
|Dicevan che in fondo era uguale
|*Credevano a un altro diverso da te
|E non mi hanno fatto del male
|Credevano a un altro diverso da te
|E non mi hanno fatto del male
|*Non nominare il nome di Dio
|Non nominarlo invano
|Con un coltello piantato nel fianco
|Gridai la mia pena e il suo nome
|*Ma forse era stanco, forse troppo occupato
|E non ascoltò il mio dolore
|Ma forse era stanco, forse troppo lontano
|Davvero lo nominai invano
|*Onora il padre, onora la madre
|E onora anche il loro bastone
|Bacia la mano che ruppe il tuo naso
|Perché le chiedevi un boccone
|*Quando a mio padre si fermò il cuore
|Non ho provato dolore
|Quanto a mio padre si fermò il cuore
|Non ho provato dolore
|*Ricorda di santificare le feste
|Facile per noi ladroni
|Entrare nei templi che rigurgitan salmi
|Di schiavi e dei loro padroni
|*Senza finire legati agli altari
|Sgozzati come animali
|Senza finire legati agli altari
|Sgozzati come animali
|*Il quinto dice non devi rubare
|E forse io l'ho rispettato
|Vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie
|Di quelli che avevan rubato
|*Ma io, senza legge, rubai in nome mio
|Quegli altri nel nome di Dio
|Ma io, senza legge, rubai in nome mio
|Quegli altri nel nome di Dio
|*Non commettere atti che non siano puri
|Cioè non disperdere il seme
|Feconda una donna ogni volta che l'ami
|Così sarai uomo di fede
|*Poi la voglia svanisce e il figlio rimane
|E tanti ne uccide la fame
|Io, forse, ho confuso il piacere e l'amore
|Ma non ho creato dolore
|*Il settimo dice non ammazzare
|Se del cielo vuoi essere degno
|Guardatela oggi, questa legge di Dio
|Tre volte inchiodata nel legno
|*Guardate la fine di quel nazzareno
|E un ladro non muore di meno
|Guardate la fine di quel nazzareno
|E un ladro non muore di meno
|*Non dire falsa testimonianza
|E aiutali a uccidere un uomo
|Lo sanno a memoria il diritto divino
|E scordano sempre il perdono
|*Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
|E no, non ne provo dolore
|Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
|E no, non ne provo dolore
|*Non desiderare la roba degli altri
|Non desiderarne la sposa
|Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi
|Che hanno una donna e qualcosa
|*Nei letti degli altri già caldi d'amore
|Non ho provato dolore
|L'invidia di ieri non è già finita
|Stasera vi invidio la vita
|*Ma adesso che viene la sera ed il buio
|Mi toglie il dolore dagli occhi
|E scivola il sole al di là delle dune
|A violentare altre notti
|*Io nel vedere quest'uomo che muore
|Madre, io provo dolore
|Nella pietà che non cede al rancore
|Madre, ho imparato l'amore
}}
==Riferimenti==
<references />


[[Categoria:Musica]]
[[Categoria:Musica]]